Manuela Parentini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FILIPPO DEL CAMPANA GUAZZESI.

NOBILE, FOTOGRAFO E  BENEFATTORE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Azienda Pubblica di Servizi alla Persona

“Del Campana Guazzesi”

RESIDENZA PER ANZIANI

SAN MINIATO (PISA)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La presenta pubblicazione è stata realizzata a cura dell’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona “Del Campana Guazzesi” di San Miniato, nell’occasione del centesimo anniversario della fondazione della Residenza per anziani

 

Autore: Manuela Parentini

Grafica ed impaginazione: Aurelio Cupelli

Foto: Giuseppe Del Medico, Manuela Parentini

 

Fonti

 

Archivio di Stato di Firenze (ASFi)

Archivio Comune di San Miniato (ACSM)

Archivio Congregazione Buonomini di San Martino (ACBSM)

Archivio Curia Vescovile di San Miniato(ACVSM)

Archivio Arciconfraternita di Misericordia di San Miniato (AAMSM)

Archivio Storico di Scarperia (ASS)

Archivio Vescovile di Fiesole (AVF)

Archivio Fondazione Del Campana Guazzesi ( AFDCG)

 

Si ringraziano:

 i dipendenti dell’Archivio di Deposito, dell’Archivio Storico e della Biblioteca Comunale per la loro gentilezza e professionalità. Si ringrazia Michele Fiaschi. Si ringrazia inoltre Silvano Sassolini, archivista dell’Archivio Diocesano di Fiesole, per le notizie che ci ha gentilmente fornito, Fabrizio Zagli dell’ufficio Anagrafe di Borgo San Lorenzo e Lori Marretti del Comune di San Godenzo.

 

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PRESENTAZIONE                                 

Questo nuovo contributo alla storia della nostra Residenza curato con passione e approfondito rigore espositivo da Manuela Parentini attraverso la figura del suo principale “sostenitore” segue, a quasi quindici anni di distanza, la ricerca ben più impegnativa e di ampio respiro narrativo dedicata dall’Autrice e da Delio Fiordispina alle vicende della Istituzione e Fondazione “Del Campana Guazzesi”, raccolte nel volume non a caso intitolato “La Casa del Cuore”. 

Il lavoro che qui presentiamo intende quindi ricordare e rendere contemporaneamente omaggio al personaggio, sanminiatese di adozione, al quale si deve, giusto cento anni fa grazie ad un lascito testamentario di 50.000 lire, il determinante impulso economico per la concreta realizzazione del proposito, da tempo maturato nella sensibilità di alcuni cittadini e istituzioni di San Miniato, di costituire un ricovero e per il cui progetto già nel 1910 era stato creato un apposito comitato.

A questa fase fondativa viene giustamente dato ampio rilievo nel testo in quanto è in quel momento che si concretizza in maniera organica la vocazione, già manifestata nei due secoli precedenti, di restituire a scopi “sociali” le strutture nate nell’area della Chiesa di San Jacopo e Filippo.

Il riconoscimento di questo ruolo è chiaramente rappresentato dalla presenza del nome del fondatore nella denominazione; “Ricovero di mendicità e Fondazione Del Campana Guazzesi”, data alla Casa nel 1925 in occasione della sua erezione in Ente Morale, nome che riassume le due tappe principali dei primi anni di vita dell’istituto e cioè la finalità di accoglienza e assistenza “di poveri di ambo i sessi vecchi o inabili al lavoro proficuo” e la riconoscenza a colui che più di ogni altro aveva fornito le risorse per la realizzazione di una struttura dedicata al perseguimento di tali obiettivi.    

L’accurata ricerca storiografica e documentale effettuata dall’Autrice, lungi dall’inaridire il racconto, ricostruisce i momenti salienti della vita del Cav. Filippo Del Campana Guazzesi, ripercorrendo a ritroso, fin dove possibile, la storia di tre illustri famiglie che si chiude, nel marzo del 1915, con la scomparsa del Cavaliere.

Esula invece dal tema di questo scritto descrivere l’evoluzione storica, sociale e architettonica della Casa, le vicende spesso travagliate che hanno contrassegnato, tra decadenza e rinascita, i suoi cento anni di vita, ognuna delle quali ha però contribuito, grazie all’impegno disinteressato di tante persone e soggetti, a renderla oggi un moderno, attrezzato ed efficiente centro residenziale per l’assistenza socio-sanitaria di anziani fragili, orgoglioso della propria missione, aggiornata sì nelle modalità operative e di gestione, ma fedele allo spirito iniziale e sempre più attenta a corrispondere ai nuovi bisogni espressi dalla realtà economica, sociale e familiare dei nostri tempi. Ringrazio la dott.ssa Parentini per averci regalato con questo lavoro un prezioso strumento per concludere degnamente le iniziative per il centenario della Casa e ricordare, senza enfasi, ma attraverso le vicende familiari e personali della sua esistenza, la figura del Fondatore, del quale l’attuale Azienda Pubblica di Servizi alla Persona è fiera di portare il nome.  

                                                                                                  Giuseppe Del Medico

                                                                                       Presidente A.P.S.P. Del Campana Guazzesi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le origini dei Campana poi Del Campana

 

Le notizie su questo personaggio sono poche e frammentarie; per la ricostruzione storica e familiare di Filippo Del Campana Guazzesi ci si è avvalsi di vari strumenti a cominciare dai vari “Cittadinari” fiorentini e dal “Libro d’Oro” della nobiltà toscana.

La ricostruzione genealogica ci conferma le importanti origini della famiglia, che nel tempo si imparentò con la nobiltà fiorentina [1].

Il capostipite pare sia stato un Campanella [2]. Successivamente viene menzionato Bonizzo, il cui figlio, ser Campanella di Bonizzo di ser Campanella, appare in una pergamena del 1225, come notaio [3].  Da qui la probabile nascita del cognome della famiglia [4].

Del casato si iniziò a parlare intorno al 1268, inserito tra le famiglie ghibelline.

Dunque la famiglia esisteva già all’inizio del XIII secolo e i suoi appartenenti avevano cariche importanti.

Circa la trasformazione del cognome, questa pare sia avvenuta nei secoli successivi e gioverebbe un’indagine più approfondita sulla discendenza e su questa trasformazione, se dei “Campanella” poi “Campana” ed infine “Del Campana” vi siano stati diversi rami familiari, sui rapporti di parentela o sull’esistenza invece di famiglie diverse che ebbero tale cognome.

Qui di seguito citiamo solo alcune notizie riscontrate presso i diversi archivi.

Nel catasto fiorentino, redatto tra il 1427 ed il 1429, si trova un Antonio di Nanni “del Campana”, collocato nel quartiere di Santo Spirito, come possidente, la cui famiglia era composta di 6 “bocche”[5]

Sempre durante il periodo mediceo troviamo richiamati, in vari atti, Bastiano, Girolamo, Ippolito e Lorenzo Campana, ma ancora in questo periodo viene citato un “Campanella”[6].

Nei “Cittadinari” fiorentini troviamo sia i “Del Campana” che i “Campana” inseriti sempre nel quartiere di Santo Spirito gonfalone della Ferza [7], che si estendeva su un'ampia zona dell'Oltrarno [8].

Secondo il Ceramelli Papiani i Del Campana e i Campana erano un’unica famiglia [9].

In questi “Cittadinari” troviamo i rami familiari corrispondenti a Jacopo di Domenico di Francesco Del Campana con il prete Matteo, Francesco, Dionisio frate, Lorenzo e Antonio, anche lui prete.

L’altro ramo familiare era di Niccolò Giuseppe di Domenico con Pietro Domenico e Filippo Maria.

Nei documenti presenti all’archivio di Stato di Firenze, sempre nel fondo Ceramelli Papiani, troviamo gli alberi genealogici dei vari rami familiari dei Del Campana.

I Del Campana di San Godenzo  derivavano da Corsino Del Campana [10], così come si trovano i vari rami familiari nei “Cittadinari” fiorentini [11].

Secondo i documenti allegati alla “Deputazione sulla nobiltà e cittadinanza” dei Del Campana o Campana si trovano i seguenti rami familiari: Carlo di Domenico di Lorenzo di Francesco di Jacopo con Domenico e Anton Francesco; Zanobi di Pietro di Matteo di Francesco di Jacopo con Antonio, Domenico e Niccolò; Giovanni di Francesco di Jacopo con Carlo, Giuseppe e Filippo; Jacopo Antonio di Domenico di Francesco con Girolamo Maria, Andrea Gaetano e Maria Niccolò Giuseppe; poi troviamo Angelo Maria di Giò di Campana di Lorenzo di Campana con Francesco Maria e Pier Maria. 

Nel 1700 un Campana, o Del Campana, per il ramo di Domenico, di Francesco, di Jacopo fu vicario del Mugello a Scarperia, come testimonia lo stemma nell’atrio del palazzo Pretorio [12].

Dentro l’Abbazia benedettina [13] di San Godenzo [14], sul retro del presbiterio nel pluteo e sulla balaustra di pietra e marmo, si trova scolpito lo stemma della famiglia [15], tanta era l’importanza di questo casato [16].

Nel XVIII secolo il cognome della famiglia veniva ancora nominato anche come “Campana” e, a volte,  “Campani”, come dimostra  il libro “dei conti” rimasto della compagnia dell’Abito di San Godenzo, a cui avevano aderito gli appartenenti della famiglia [17].

I tre “Libri” della compagnia, detta anche alcune volte di San Giuseppe, ci danno ulteriori importanti notizie sulla famiglia.

In uno di questi “Libri”, del 1632, veniva ricordata “Alessandra di Giovanni Campani da Poggio”, mentre  in un altro “Libro”, nel 1633 circa, veniva citato come camarlingo Francesco Campana , al quale subentrò, nel 1675, il figlio Niccolò [18]

Nei pressi della chiesa di San Bavello [19], la famiglia Del Campana  edificò un oratorio dedicato a Santa Lucia [20] che, nel 1744, fece riedificare di nuovo.

Ciò è testimoniato dalla visita pastorale effettuata nel 1777 dove si legge:

“(…) Oratorio di S. Lucia de Signori del Campana di S. Gaudenzio Pievere di S. Bavello. Vi si fa la festa di S. Lucia da detti Signori per divozione e vi (si) viene per le rogazioni a processione, riedificato di nuovo nel 1744. Altare con mensa in pietra. La Chiave la tiene il Lavoratore per comodo del Sig. Pievano (…)” [21].

Nel XVIII secolo, la famiglia fece restaurare anche l’oratorio della Madonna della Neve in Gugena, molto venerata [22].

Negli archivi parrocchiali locali viene anche ricordato il contributo economico dato da parte di questa facoltosa famiglia, nel 1852, per un ulteriore restauro dell’oratorio.

I discendenti di Filippo Del Campana, nel 1929, commissionarono dentro l’abbazia benedettina  di San Godenzo,  il prezioso altare della cripta, in marmo intarsiato, in sostituzione di quello originale e antichissimo, che fu spostato nel coro [23]. Anche l’urna delle reliquie del Santo, in ferro battuto fu commissionata dalla famiglia e sopra di essa si legge l’iscrizione:

“Beoato Gaudentio sacerdoti anachoritae Dominicus Del Campana et uxor eius Iosepha de Comitibus Adorni Braccesi fieri fecerunt anno Domini MCMXXIX ” [24].

Le notizie genealogiche sugli avi di Filippo Del Campana risultano tuttavia frammentarie anche perché il comune di San Godenzo ha subito gravissimi danni durante il secondo conflitto mondiale con la perdita di molti documenti archivistici e anagrafici.

 

La famiglia di Filippo Del Campana

 

Filippo Del Campana nacque a San Godenzo in provincia di Firenze,  l’8 agosto 1834 [25] da Teodoro e  Margherita Maganzi. 

Il padre [26] era una persona di spicco e, proprio a San Godenzo, ricoprì anche la carica di Gonfaloniere [27].

Qui i Del Campana avevano vaste proprietà ed una villa padronale con un bel parco [28].

Nel 1812 i Del Campana risultava avessero nella comunità di San Godenzo ben 14 poderi e, insieme ai Ringressi, che avevano 15, erano la famiglia più facoltosa della zona [29].

Di queste proprietà è rimasto oggi traccia di un podere e delle terre “presso la salita di S.Godenzo” contigue “all’antica casa Del Campana”, un’altra casa, poi data  in affitto per la caserma dei Carabinieri, i poderi di Astieto e  di Gugena, oltre ad altre proprietà [30]. Tra cui una casa e delle terre in località “all’Ajaccia nella parrocchia di S. Babelle”, cioè nella parrocchia di San Bavello o San Babila [31].

Teodoro Del Campana, padre di Filippo, era parentedel professor Domenico Del Campana che fu per vari anni sindaco di San Godenzo, oltre ad essere un valente paleontologo e docente alla Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e naturali dell’Università di Firenze [32].

Teodoro fu inoltre cassiere [33] della “Pia Casa di Lavoro” di Firenze [34]. Nel 1800 risultava che fosse consigliere comunale a Firenze e, nel 1821, “Cassiere dello Scrittoio delle Reali Fabbriche”.

Secondo i dati catastali, nel 1848, era proprietario di uno stabile a Firenze in via San Sebastiano, poi via Gino Capponi, che lascerà al figlio Filippo.

Teodoro era figlio di Niccolò Del Campana e di Dionisia Franchi. Morì a Fiesole, all’età di 69 anni, nella villa di villeggiatura della nuora a Coverciano, nel Popolo di San Michele di Rovezzano.

La madre di Filippo era Margherita Maganzi, sulle cui originisi hanno pochissime notizie [35].

Era una discendente dei Maganzi di Litiano Nuovo, presso Borgo San Lorenzo.

Qui i Maganzi avevano molti possedimenti soprattutto in località Olmi Litiano. La vicinanza del luogo di questa famiglia con San Godenzo, ci fa credere che tale supposizione sia vera.

I Maganzi, poi Maganzi Baldini, avevano il titolo di marchesi. La villa dove abitavano era già presente nelle carte dei Capitani di Parte Guelfa a fine Cinquecento [36].

I Maganzi, essendo una famiglia molto facoltosa, furono protagonisti della vita amministrativa e politica del luogo e si distinsero per le molteplici attività benefiche.

Lo stemma familiare si può ancora ammirare sulla facciata della locale Misericordia, che, nel 1930, era sorta anche grazie alla loro elargizione.

Si deve a questa famiglia un grande contributo per la fondazione del Ricovero per i Poveri Vecchi del Mugello, a cui il commendatore Giuseppe Maganzi-Baldini fece un’offerta di 3.000 lire. La beneficenza nei confronti dell’istituto continuò negli anni con l’invio di offerte di generi al Ricovero.

Gli ultimi Maganzi, a lungo residenti a Firenze, furono poi sepolti nel cimitero della Misericordia di Borgo San Lorenzo [37]

Giuseppe Maganzi Baldini, cugino di Filippo Del Campana, veniva ricordato anche nel suo testamento come beneficiario di un lascito [38].

 

Il matrimonio con Antonietta Guazzesi

 

La moglie di Filippo Del Campana era Antonietta Guazzesi che era nata a Marsiglia  da Antonino Guazzesi [39] e da  Teresa Vian.

E’ attraverso la famiglia Guazzesi che si intrecciano i legami di Filippo Del Campana con San Miniato.

Dei Guazzesi abbiamo invece diverse informazioni [40]. La famiglia, di origini aretine, dove ancora oggi sorge il loro sontuoso palazzo cittadino con gli stemmi familiari posti ai lati dell’immobile, ricoprì ruoli fondamentali nella vita politica, amministrativa e militare di Firenze dal XV al XIX secolo.

Questa discendeva da Francesco Guazzesi [41] che già nel 1462 risiedeva nel magistrato dei Priori del Popolo.

Dopo Francesco i membri della famiglia ebbero ulteriori importanti incarichi.

Il figlio di Francesco, Cristofano, sposò Piera Tarlati e, nel 1505, fu nominato Capo Supremo del Magistrato del Popolo e capitano dell’Imperatore.

Piero Guazzesi di Cristofano fu ambasciatore di Lorenzo dei Medici presso la Repubblica di Arezzo nel 1516 e successivamente fu ambasciatore presso il principe d’Orange, ed ebbe l’incarico di generale dell’imperatore Carlo V nel 1530.

Si sposò con Lucia Gozzari,  ed il figlio Niccola fu Magistrato dei Priori del Popolo nel 1577. Dal matrimonio di Niccola con Tommasa Tucciarelli nacque Bernardino che ricoprì la carica di gonfaloniere nel 1609, fu capitano del popolo di papa Clemente VIII  e sposò Doralice Bongianni [42].

Ma l’ascesa sociale dei Guazzesi non si fermò ed il figlio di Bernardino, Girolamo, sposò Giulia d’Orazio Guazzesi.

Egli ottenne la cittadinanza fiorentina nel 1651 [43] e fu gonfaloniere nel 1652, capitano di Spagna e del Granduca, sergente maggiore di Crema e di Brescia e “Castellano della Fortezza di Livorno e della città di Borgo San Sepolcro”.

Il figlio di questi, Lorenzo, fu capitano del Granducato di Toscana e sposò Iacopa Braccelli, dalla quale ebbe Gaspero,che ottenne di essere nominato Cavaliere di Santo Stefano.

Fu anche “Lettore pubblico dell’università di Pisa e Avvocato” e gonfaloniere nel 1748, si sposò con Maria Maddalena del cavaliere Giuseppe  d’Angiolo [44].

Da loro nacque  Lorenzo che fu cavaliere di Santo Stefano, vicario di Anghiari, commissario della città di San Sepolcro e poi di Cortona, ambasciatore della città di Arezzo all’imperatore Francesco I ed ebbe altri incarichi. Sua moglie fu Maria Caterina del marchese Angiolo  Albergotti. Dall’unione nacquero Francesco, Antonio, Giovanni, Luigi, Luisa e Teresa [45].

Fu Francesco che sposò Maria Basilia della Vega e da cui discese il padre di Antonietta Guazzesi, che divenne la moglie di Filippo Del Campana. 

Gli altri discendenti Guazzesi ricoprirono cariche, oltre che dell’Ordine, di gonfalonieri, furono avvocati, insegnanti universitari, auditori delle legazioni, capitani, vicari, Commissari e ambasciatori.  

I Guazzesi, come si è visto, ottennero ben preso di essere anche cittadini fiorentini [46]. Essi risiedevano nel quartiere di Santa Croce ed il loro stemma era riportato nel “Libro d’oro” della nobiltà Toscana [47].

Attraverso matrimoni importanti con famiglie come i Tarlati, i Gozzari, i Bongianni, i Baccanelli, gli spagnoli Della Vega, da cui acquisiscono anche il titolo di marchesi, si arrivò alla nascita di Giuseppe Francesco Leopoldo Guazzesi che, nel 1796, sposò Giuseppa del fu Balì maresciallo Filippo Maria Roffia, governatore di Siracusa [48] e di Prudenza Bracci [49].

Giuseppe Leopoldo Francesco, figlio del cavalier Francesco [50] e della marchesa  Basilia Della Vega [51], fu cavaliere della Religione di Santo Stefano, Paggio del Granduca Pietro Leopoldo [52] e fu priore “della prima borsa” della comunità di Firenze per vari anni [53].

La coppia risedette anche a San Miniato, come provano alcuni atti, tra cui l’attestato di nascita di una delle figlie Maria Luisa [54].

Da quest’unione nacquero i figli Antonio, Maria Luisa [55], Francesco Maria e Filippo Francesco.

Il padre Giuseppe morì il 20 ottobre 1829 [56] e la madre Giuseppa lasciò la famiglia e Firenze per stabilirsi a San Miniato, fino alla morte avvenuta il 28 gennaio 1833 [57].

A dire il vero Giuseppe soggiornò spesso a San Miniato, come attestano anche alcuni “Stati d’Anime” e lo stesso censimento dl 1827, allorché la nobildonna risultava essere a San Miniato solo con la servitù [58].

Della permanenza sanminiatese di Giuseppa rimangono ancora tracce nell’archivio  dell’Arciconfraternita di San Miniato che acquisì il palazzo cittadino dei Roffia.

Alla morte del padre i figli maschi della coppia, Francesco, Antonio e Filippo,  si divisero il patrimonio [59].

Quasi tutte le proprietà esistenti a San Miniato della Famiglia entrarono a far parte del patrimonio personale di Antonio.

Antonio Guazzesi, detto Antonino,padre di Antonietta, era nato il 15 agosto 1798 [60] ed ebbe numerose cariche pubbliche.

In particolar  modo fu console della Toscana a Marsiglia dal 1847 al 1855 e Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano [61].

Nella sua qualità di console a Marsiglia si ricordano i rapporti tenuti da Antonio con il barone Ricasoli [62].

Si sposò, come si è detto, con Teresa Vian, che era figlia di Giuseppe e di Desiderata Legrès, ambedue di Marsiglia. Anche Teresa era nata a Marsiglia il 30 agosto 1814, e risulta deceduta il 14 ottobre 1866 a Firenze.  

Antonino invece morì a Rovezzano, nella sua villa, il 14 novembre 1864.

I Guazzesi avevano moltissime proprietà. Attraverso il matrimonio contratto con l’ultima discendente della famiglia Roffia il patrimonio si era ampliato ulteriormente [63].

Tra i beni diretti dei Guazzesi vi erano diversi terreni e, come già detto, una villa  a Coverciano, nel Popolo di San Michele di Rovezzano [64], dove i Guazzesi avevano il patronato anche sull’oratorio di S. Giuseppe [65]. Poi avevano case e poderi, oltre ad una villa a San Giovanni in Val d’Arno.

Le proprietà a San Miniato erano composte da vari poderi tutti con rispettive case coloniche: i poderi di Roffia uno e due, i poderi di Marzana uno e due, il podere di Fonte alla Macchia, il podere di Casanova, il podere Villetta, Sant’Antonio, Poggio, Pozzino, Pilerno e Enzi [66].

In una descrizione del 1840 venivano riportati il podere di Marzana con la casa colonica e gli annessi, i poderi posti a San Quintino, cioè il podere del Pozzino, che oltre alla casa colonica aveva la cella vinaria e il forno. Il podere di Casa Nuova che era dotato di casa colonica e annessi. Il podere del Poggio, detto di Capo Vacca, con casa colonica e annessi. Poi venivano descritti il podere di Enzi che si trovava nel popolo di Santa Lucia a Calenzano ed era dotato della casa colonica , di una stalla, di una fonte murata e di altri annessi. Nel popolo del Pinocchio era descritto il podere di Fonte alla Macchia con casa colonica, annessi ed altro edificio adibito a tinaia.

Il podere di Roffia sempre con casa colonica e vari altri fabbricati. Nel popolo di San Michele a Roffia vi erano gli atri due poderi detti di Roffia e di San Michele anche questi con case coloniche ed annessi.    

Della casa in San Miniato si diceva:

“ (…) Palazzo, e Casa di Fattoria, in S. Miniato, popolo della Cattedrale, in Via detta del Fondo, composto di Piano Terreno in Stanzone, e gran Corte Sterrata, Cappella in Volta, Sagrestia al qual Piano Terreno si accede per mezzo di porta centinata ornata in bozze di Pietra (…) Del Piano Superiore con due Stanzoni a Tetto uno dei quali per uso Granaio. Dei Mezzani e dei fondi consistenti questi in una Stanza per il Combustibile, Stanzone in Volta diviso in due Spazi, Stanza per le piante d’Agrumi, Cucina in Volta con Pozzo, diverse altre stanze e annessi. Più un Ballatoio ammattonato che comprende tutta la lunghezza del Fabbricato fiancheggiato andantemente da un Cassettone con i limoni (…)” [67] 

Antonietta era l’ultima discendente della famiglia e morì a Fiesole il 25 agosto 1894, all’età di 56 anni, nella sua villa di Coverciano nel popolo di Rovezzano, posta in via di Mezzo.

Filippo e Antonietta ebbero due figli  ma entrambi morirono molto giovani.

Il primogenito, Niccolino, era nato a Firenze il 19 marzo 1867 e morì il primo dicembre 1889 “nella villa materna di Monastero presso San Giovanni in Valdarno”, nel comune di Cavriglia, in provincia di Arezzo.

Il secondogenito, Antonino, morì il 19 giugno 1876 all’età di 11 anni, mentre si trovava presso il convitto “della Querce” [68].

Dunque la vita di Filippo e Antonietta fu molto travagliata. Ambedue sopravvissero alla morte dei due figli.

La tragedia della morte dei figli sconvolse completamente questi poveri genitori e Filippo dirà della moglie:

“ (…) piissima e desolata madre ella tanto pregò e patì che spezzato il cuore men forte del rassegnato volere parve smarrire la bella mente (…)” [69].

 

Il legame con San Miniato e la passione per la fotografia

 

Alla morte della moglie Filippo si trovò ad affrontare i suoi lutti. I figli erano morti, la sua discendenza era finita.

Fu allora che Filippo assunse il doppio cognome, cioè anche quello della moglie Guazzesi, in quanto quest’importante famiglia con la morte di Antonietta si era estinta [70]  e unì il proprio stemma con quello della famiglia della moglie [71]

Infatti lo stemma familiare dei Del Campana Guazzesi è composto dalle “Arme” dei Del Campana [72] con l’unione dello stemma dei Guazzesi [73].

Anche se nell’unione dei due stemmi familiari quello dei Guazzesi sembra essere leggermente discordante da quello riportato in alcune pubblicazioni [74] rispetto ad altre [75].

Rimasto solo Filippo trovò in parte rifugio nei suoi hobby che erano la falegnameria, in particolar modo i  lavori d’intaglio, ma soprattutto nella fotografia [76] e nei viaggi, spesso effettuati proprio per mettere alla prova la sua passione fotografica .

Era un ottimo fotografo, come dimostrano i numerosi riconoscimenti avuti in questo campo.

Fu a lungo socio della Società Fotografica Italiana. Nell’ambito della sua attività di fotografo fu protagonista di alcune iniziative, come la proiezione delle foto fatte durante una passeggiata a Pontassieve il 20 aprile 1898.

A partire dal 1895 Del Campana compare tra i premiati all'esposizione indetta dalla Società Fotografica Italiana [77], quando ricevette la medaglia di bronzo per ritratti esposti nella sezione "istantaneità" [78].

Successivamente, dall’aprile al maggio del 1899, partecipò all’Esposizione Fotografica Nazionale ed Internazionale di Firenze e compare nell’elenco degli espositori proposti dalla giuria per un premio.

Ottenne infatti il “Diploma di medaglia d'argento di primo grado” nella sezione artistica “(...) Diploma di medaglia di bronzo di secondo grado (...) sezione industriale (...)”.

Nell'ambito della stessa Esposizione, il Del Campana venne menzionato come espositore della prima sala, dove si trovavano esempi di fotografie e di strumenti appartenenti alle origini della fotografia in Italia.

Proprio per questo allestimento di antichi apparecchi fotografici,  veniva riportato nel Bollettino dell’epoca:

“(...) Gli apparecchi e l'ottica all'Esposizione Fotografica Nazionale di Firenze (...) Entrando nella prima sala, si vedono subito campioni di antiche camere oscure, rigide, pesanti, malagevoli, esposte, per la storia degli apparecchi fotografici, dal signor Del Campana cav. Filippo(...)”. All'Esposizione si possono osservare stereoscopi di diverso formato; da quelli detti tascabili, presentati dal signor Del Campana cav. Filippo e dal signor Carlo Gallo, a quelli da sala, detti a ripetizione, del signor Mackenstein (...)” [79].

Poi vengono menzionate alcune vedute da lui fatte a Firenze e a Roma, e viene ricordato tra gli espositori della terza sala, insieme a Nunes Vais, Nathan e altri [80].

Per il bollettino della Società Fotografica Italiana, pubblicato nel dicembre del 1900, Filippo Del Campana  fornì le illustrazioni. Nella pubblicazione infatti si legge:

“(…) L'illustrazione che adorna il presente numero del Bullettino, è dovuta al cav. Filippo Del Campana Guazzesi, nostro consigliere e uno dei più antichi e provetti dilettanti fiorentini. Al cav. Del Campana i nostri più sentiti ringraziamenti, per averci fornito, a tutte sue spese, le copie occorrenti (...)” [81].

Il Del Campana condivideva la passione della fotografia con un altro sanminiatese l’avvocato Piero Formichini [82], anche lui socio della Società Fotografica Italiana.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento immortalò la vita rurale a San Godenzo con foto delle attività agricole e sui contadini [83].

Si trattava di ben 129 immagini che furono presentate nella Sezione Storica e Artistica dell’Esposizione Agricola-Industriale del Mugello e della Val di Sieve tenutasi in Borgo San Lorenzo nel 1913, in occasione del collegamento ferroviario con Pontassieve.

Filippo Del Campana ricevette dal comune di San Godenzo l’incarico di effettuare le fotografie e l’inaugurazione della mostra avvenne il 28 luglio. Egli scattava dunque queste fotografie quando aveva 79 anni [84].

A San Miniato si fermò spesso e a lungo, cercando di seguire le sue proprietà consistenti in vari poderi, oltre la casa Roffia, l’attuale palazzo che accoglie l’Arciconfraternita cittadina della Misericordia.

Oltre alla famiglia Formichini [85] si dice che il Del Campana fosse particolarmente legato anche alla famiglia Capoquadri [86].

Egli aveva anche ereditato dalla famiglia della moglie il patronato dell’oratorio di San Lorenzo a Casale, al quale rinunciò nel 1892 [87]

Fu membro dell’Arciconfraternita di Misericordia di San Miniato per vari anni, con l’incarico di “Conservatore” e benefattore di questa, aderendo economicamente a tutte le iniziative intraprese da questa istituzione [88].

Partecipò per un certo periodo anche alla vita amministrativa cittadina dato che fu membro del consiglio comunale di San Miniato dal 29 luglio 1899 al 1901, anche se non frequentò assiduamente, in quanto nel 1899 fu colpito da una grave malattia [89].

Fu così che nel maggio del 1902 presentò le proprie dimissioni da consigliere comunale, dimissioni in principio respinte augurandosi il consiglio che:

“(…) col tempo il medesimo possa ristabilirsi in salute e continuare così senza disagio l’ufficio suddetto che ha fin qui ricoperto  con tanto zelo e con vantaggio del Comune (…)”

In seguito le dimissioni furono accettate per il perdurare dei suoi problemi di salute [90]. Abbiano notizia che  durante la malattia rimase presso la sua villa di Dicomano [91].

Il legame con San Miniato è testimoniato dalla bellissima collezione di fotografie, pubblicate in un libro nel 1981 [92].

Il ritrovamento di queste lastre fotografiche fu casuale. Si dice che durante i lavori di ristrutturazione della casa appartenuta al canonico Francesco Galli Angelini, a lungo presidente della Fondazione Del Campana Guazzesi, alla fine degli anni Settanta del secolo passato, furono rinvenute una serie di lastre fotografiche in vetro che dopo diverse ricerche portarono all’individuazione dell’autore, cioè Filippo Del Campana Guazzesi.

Questi scatti testimoniano  l’attaccamento che il Del Campana aveva verso questa città; vengono infatti rappresentati, eventi dell’epoca e luoghi particolari di San Miniato, oltre la sua casa sanminiatese.

Tornando al legame di Filippo Del Campana Guazzesi con la città questo è ulteriormente testimoniato anche dal fatto che, quale socio della Scuola Professionale delle arti Decorative Industriali di Firenze, nel 1900, istituì un posto di studio a favore di “un giovane bisognoso” del Comune di San Miniato [93]. Lo scopo di questa elargizione era l’istruzione di un giovane al lavoro. I concorrenti dovevano avere un’età compresa  tra i 12 e i 18 anni e dovevano avere superato l’esame della quarta elementare [94]

Il posto di studio fu mantenuto anche dopo la morte di Filippo, in quanto egli dispose un lascito perpetuo affinché il posto di studio gratuito fosse mantenuto,in ricordo anche del figlio Niccolino, che amava creare e dipingere maioliche [95].

Il regolamento per l’istituzione del posto di studio fu approvato dall’Amministrazione di San Miniato subito dopo [96] e il benefattore ebbe i pubblici ringraziamenti dall’Amministrazione e dalla popolazione [97] .

 

 

Il testamento di Filippo Del Campana Guazzesi  ed il “Ricovero di Mendicità da costruirsi a San Miniato”

 

A seguito delle normative emanate nel 1890 vi fu una riorganizzazione dell’assistenza nel nostro Paese.

Con tali leggi lo Stato subentrava nella gestione delle opere pie nominando propri rappresentanti. 

All’inizio del Novecento venne introdotto, con un’ulteriore legge, il concetto di beneficenza collegato all’assistenza, che cercava di superare l’attività di beneficienza di tipo caritativo per elevarsi a principio di assistenza come compito dell’amministrazione pubblica e cioè con l’obbligo per lo Stato nella lotta contro la povertà e la mendicità.

E’ in quest’ottica  che vi fu un crescente interesse da parte di molti per la costituzione, anche nel nostro territorio, di un “Ricovero di Mendicità”.

La prima volta che ufficialmente si parlò di creare in ricovero a San Miniato fu il 25 febbraio del 1910, durante un’adunanza della Congregazione di Carità, anche se l’iniziativa era partita dalla locale Pubblica Assistenza.

Il problema maggiore era quello di reperire i fondi e l’individuazione di un locale adatto.

Come locale fu individuato l’ex Ospedale “San Niccolò o dei Poveri Infermi di San Miniato”. Nel 1910 il sindaco diede incarico all’ingegnere comunale di redigere un progetto per la trasformazione di quest’immobile in ricovero e poco dopo fu redatta una perizia per un costo, seppur con interventi minimi, pari a 5.500 lire.

Alla fine del 1911 era già pronto uno schema di Statuto dell’erigendo Ricovero di Mendicità e fu costituito un Comitato Generale che  sarebbe stato composto oltre che dai membri della Congregazione di Carità anche  da

(…) un ragguardevole numero di persone da scegliersi in Città e nelle diverse frazioni del nostro Comune (…)”.

A questo Comitato sarebbe spettato il compito di approvare lo Statuto, il progetto di massima per i lavori di restauro del locale e la nomina del comitato esecutivo.

Nel Comitato vi erano 123 cittadini di San Miniato [98], uno di questi era Filippo Del Campana Guazzesi [99], che partecipò anche alla raccolta dei fondi per la ristrutturazione dell’erigendo istituto con una somma di denaro [100].

Il Del Campana fu anche uno dei finanziatori per l’apertura della struttura, dato che contribuì, insieme ad altri, all’acquisto delle suppellettili nel 1912 [101].

Alla sua morte, avvenuta il 15 marzo 1915 a causa di un carcinoma, Filippo Del Campana Guazzesi, nel suo testamento olografo  del 9 aprile 1911, pubblicato il 17 marzo 1915,  lasciò gran parte delle sue proprietà alla Congregazione dei Buonomini di San Martino di Firenze, salvo alcuni consistenti lasciti, affinché il suo patrimonio, secondo le regole della congregazione, fosse venduto tutto e il ricavato fosse distribuito ai “poveri vergognosi” [102].

Si trattava di vaste proprietà a San Godenzo, a San Miniato, a Firenze e in altre località.

A San Godenzo il Del Campana lasciò i poderi di Ajaccia, Pelago, Boncigli, Oselle e le terre di Santa Lucia [103]. A San Miniato vi erano le vaste proprietà terriere e gli immobili lasciati dalla moglie.   

Nel testamento si diceva che qualora i “Buonomini” non avessero potuto accettare l’eredità tale incombenza sarebbe passata all’Avvocato Piero Formichini di San Miniato, suo grande amico. Al quale, almeno secondo il testamento redatto nel 1911, lasciò

(…) in ragione della gratitudine che gli debbo per quanto ha fatto per me e per i mie cari, della affezione che a lui portavano mia moglie ed il mio figlio Niccolino, nonché della volontà in tal senso espressami da Essa mia moglie, e con sostituzione, in caso di premorienza del legatario, a me, dei di lui figli Filippo [104] e Rossana [105], e nascituri in parti uguali, l’intero mio possesso di Rovezzano cioè la Villa e poderi annessi con tutto quanto quivi si trova di avente carattere d’immobili per natura e per destinazione nonché la mobilia ivi compresa la biancheria (…) i servizi da tavola in ceramica e cristallami (…)”  [106].

Dispose inoltre che:

 “(…) Interpretando volentieri un desiderio espressomi dalla mia povera Antonietta che voleva molto bene a Pierino Formichini desidero che egli, e in caso di sua premerienza i suoi figli, abbia i quadrettini e maioliche dipinte da Niccolino e le poltrone e poltroncine di casa ricamati dall’Antonietta e i guanciali e gli altri lavori fatti dalla medesima e la croce di madreperla che la signora Palmira Maggi aveva regalato a mia moglie. Gli lascio pure i quadri di nessun valore artistico che sono in casa mia a S. Miniato e i ritrattini del Bali Roffia ed i pastelli di Signore di detta famiglia che l’Antonietta ci teneva che non andassero dispersi e venduti. Al medesimo Formichini lascio il servito di porcellana dipinto dal Messmayer (sic!), tutto il mio materiale fotografico e da me costantemente adibito a tale uso in qualunque luogo si trovi e tutte le negative e positive fotografiche (…)[107].

Dunque anche tutte le lastre e le foto che poi diedero luogo alla pubblicazione del libro fotografico uscito  nel 1981, erano state donate da Filippo Del Campana a Piero Formichini.

Il donatore lasciò a Piero Formichini anche

“(…) il busto della mia moglie, la maschera della mia Antonietta, due torni, arnesi relativi ed accessori (…) un banco d’intagliatore (...) nonché le varie macchine e utensili (...) tutti i miei libri esclusi soltanto quelli che riguardano l’arte architettonica (…)[108].

Inoltre il Del Campana fece dono a Bianca Formichini [109] in suo ricordo di :

“(…) una sperina ovale con piede mobile intagliato da me e la cornice a sbalzo veneziana d’ebano, le due mensoline di noce traforate da me saranno date a Filippo Formichini e la cornicina a Pero penetrato di nero sarà data alla Rosanna Formichini (…) ”[110].

Oltre alla famiglia Formichini molte furono le istituzioni sanminiatesi che beneficiarono dei lasciti provenienti dal testamento di Filippo Del Campana.

All’ Arciconfraternita di Misericordia di San Miniato lasciò 10.000 lire, da investire in una “rendita inalienabile” [111].

Agli Asili Infantili Comunali lasciò 3.000 lire, ai poveri della città di San miniato lasciò 800 lire [112] .

Nel testamento dispose anche che molti suffragi in suo ricordo avvenissero in Duomo a San Miniato.

Quali esecutori testamentari il Del Campana incaricò, oltre all’avvocato Formichini,  l’avvocato Gaetano Rocchi e il professor Dario Guidotti

“(…) pregandoli in nome di quell’affezione ed amicizia che mi hanno sempre dimostrato, di accettare tale incarico, il quale è l’ultimo favore che loro domando (…)” [113].

Ma l’atto più generoso nei confronti di San Miniato fu il lascito con cui egli dispose per un  “istituto per i poveri vecchi” da fondare a San Miniato.

Egli infatti lasciò a questo scopo

“(…) a cura e sotto la permanente Direzione e sorveglianza del mio erede possibilmente con suore e religiosi, lire Cinquantamila (…)”.

Cioè lasciò alla congregazione dei Buonomini di San Martino la direzione e sorveglianza di un istituto per l’accoglienza delle persone anziane indigenti, che “doveva sorgere a San Miniato”.

Infatti quando il Del Campana Guazzesi stilò il proprio testamento, nel 1911, il Ricovero di Mendicità non era ancora sorto, mentre alla sua morte, avvenuta nel 1915, il ricovero era stato aperto da poco.

Questa situazione generò non pochi problemi alle autorità sanminiatesi per ottenere dalla congregazione dei Buonomini di San Martino il  generoso lascito di Filippo Del Campana Guazzesi.  

Nel settembre del 1915 l’amministrazione comunale accettò il lascito [114], ma dovettero passare ancora molti anni prima che la congregazione dei Buonomini tenesse fede alle volontà di Filippo Del Campana e quando lo fece il ricovero era oramai già costituito e operante, pertanto la somma di denaro destinata “all’istituzione” di un ricovero fu devoluta al Ricovero di Mendicità già esistente.

Questa istituzione, come già ricordato era sorta grazie all’impegno di un comitato di cittadini, del comune e alla congregazione di carità. Ma a tutti gli effetti veniva ritenuto un’istituzione privata. Tanto fu che i locali, dove la “casa di riposo” ebbe la sede, era lo stabile dell’ex ospedale dei Poveri Infermi [115], che era stato dato in affitto dal comune, seppur simbolico, al consiglio del ricovero.

Le finanze del ricovero si reggevano sui contributi elargiti dal comune e dalle donazioni private. Con il lascito fatto da Filippo Del Campana  si prospettavano, per questo ente, nuove possibilità di sussistenza, anche perché oltre alle innumerevoli esigenze quotidiane molte erano le spese per il miglioramento e l’ampliamento dell’istituto.

Ma il Del Campana, nel suo testamento, non individuando direttamente l’istituto, ma un generico “istituto per i poveri vecchi da sorgere a S.Miniato”, lasciò aperta la strada a vari tentativi, da parte dei Buonomini, di eludere il suo intento, perché l’istituzione  beneficiaria del lascito sarebbe dovuta essere “sotto la permanente direzione e sorveglianza della Congregazione dei Buonomini”.

Alla sua morte si capì subito che i Buonomini non avevano alcuna intenzione di concedere il lascito al ricovero di mendicità. Iniziarono così trattative serrate. L’obiettivo era quello di raggiungere un accordo che desse modo di poter ricevere il lascito.

Ma la congregazione da prima ritardò la vendita degli immobili lasciati in eredità per avere disponibilità di denaro da poter dare ai beneficiari voluti dal Del Campana,  come invece il testatore aveva espressamente richiesto. Non per niente gli esecutori testamentari sottolineavano che:

“ (…) così sono passati tre anni – dal 16 maggio 1916 – e non si è fatto un passo per adempiere la volontà del Testatore, la qual cosa non possiamo che deplorare vivamente. La Ven. Congregazione dei Buonomini non voglia dimenticare che, secondo le parole del Testatore, l’Istituto dei Poveri Vecchi deve  sorgere in San Miniato a ‘Cura dell’Erede’ ed è dunque a lui principalmente che noi dobbiamo muovere lagnanza per tanto ritardo (...)” [116].

Nelle trattative dovette  intervenire anche la Prefettura. I Buonomini adducevano anche che il Ricovero di Mendicità non era un’istituzione pubblica e che aveva le caratteristiche di un istituto privato, anche se il consiglio comunale eleggeva un numero sostanziale del consiglio direttivo.

Le trattative si conclusero all’inizio di maggio del 1916 con un accordo di massima in cui si prevedeva che il ricovero di mendicità non avrebbe avuto un carattere confessionale, che il consiglio direttivo sarebbe stato composto da un rappresentante della Prefettura, uno del consiglio comunale, uno della “Società Pro Ricovero” e due della congregazione dei Buonomini. Fu stabilito che il servizio interno all’istituto sarebbe stato espletato dalle suore e che il ricovero sarebbe dovuto essere riconosciuto come ente giuridico con un proprio statuto [117]

Tutto questo faceva ben sperare che presto il ricovero sarebbe entrato in possesso del lascito Del Campana, ma per quasi un anno vi fu il completo silenzio da parte dei Buonomini   

Così alla fine del 1917, la congregazione di carità di San Miniato, si decise ad inviare un sollecito. Ma ancora una volta i  Buonomini addussero scuse e problemi, tra i quali quello che il ricovero non era ancora divenuto “ente morale”.

Tutto questo provocò dure reazioni, fino alla richiesta degli interessi maturati sul capitale non versato.

Le reazioni di fronte alle scuse, agli ostacoli ed al continuo frapporsi di cavilli, spesso inesistenti, per ostacolare il versamento del legato inasprì molto i rapporti, come testimonia la corrispondenza esistente negli archivi sia della casa di riposo che dei Buonomini.      

Solo nel 1919 la Congregazione dei Buonomini di San Martino deliberò di devolvere la somma lasciata dal Del Campana al Ricovero di San Miniato.    

Ma dopo la delibera non accadde niente. Si ripartì nel 1921 e ci vollero ancora 4 anni perché finalmente il “Ricovero di Mendicità” ricevesse il capitale lasciato dal suo benefattore.

Nel 1925 il “Ricovero di Mendicità” divenne ente morale, dopo un iter molto lungo che vide anche una parziale modifica dello statuto redatto a suo tempo dalla congregazione fiorentina. A quel punto i Buonomini non potevano più opporsi o trattenere il denaro che Filippo Del Campana aveva lasciato all’istituzione sanminiatese, che fu chiamata “Ricovero di Mendicità e Fondazione Del Campana Guazzesi” [118].

Dunque, finalmente si portava a compimento il desiderio di Filippo Del Campana Guazzesi di aiutare un’istituzione sanminiatese di cui lui stesso si era fatto promotore insieme a molti altri cittadini [119].

Filippo Del Campana Guazzesi e l’intera famiglia, nonché i genitori di Filippo e di Antonietta sono sepolti presso il cimitero monumentale della Misericordia di Firenze a Soffiano [120], dentro una cappella gentilizia.

Nel suo testamento Filippo dispose un lascito all’Arciconfraternita di Misericordia di Firenze affinché provvedesse al mantenimento della cappella [121].

Con Filippo si estinse una famiglia risalente, sicuramente, al XII secolo, così come era avvenuto con Antonietta Guazzesi Roffia. 

 

 

[1]Presso l’Archivio Storico del Comune di San Miniato, tra i camerlenghi si trovano alcuni  Campana e Del Campana ma che non sembrano avere alcuna parentela con il nostro Filippo Del Campana.

[2] L. Gravina, San Godenzo,  Casa Ed. Gravina, Firenze 1943.

[3] Archivio di Stato di Firenze (d’ora in avanti ASFi), Strozziane Uguccioni, registro 78/I carta 55 r., pergamena datata 12 aprile 1225.

[4] A. Altieri, San Godenzo. Un popolo, un’abbazia in Alta Val di Sieve, Poggiali, Rufina 1994.

[5] ASFi, Catasto, 1427-1429. E Inventario N/266, Indice delle famiglie fiorentine nel Catasto (1427-1429). La famiglia risultava avesse un’imponibile di 724 fiorini. Le “bocche” erano i componenti della famiglia che erano sottoposti a tassazione individuale. A livello delle singole comunità i capifamiglia indicavano il numero dei componenti familiari. Appositi deputati controllavano l'esattezza delle denunce.

[6] ASFi, Indice delle notizie storiche, scientifiche, letterarie, estratti dall’archivio mediceo, Vol. I-III

[7] ASFi, Cittadinario, Inv.  N/90.

[8] V. Orgera, G. Balzanetti, L. Artusi, J. Poli, Firenze il quartiere di S. Spirito dai Gonfaloni ai Rioni, Alinea Editrice, Firenze 2000.

[9] ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 1149.

[10] ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 1151. Da Corsino in poi abbiamo Campanai figli di questi Giovanni (che si trova in uno sq. 1391, Michele (sq. 13919, poi  Guidotto di Giovanni, da cui nacquero Niccolò e Francesco. Da Niccolò,ch sposò  Caterina Lenzi, seguì il ramo familiare.

[11] ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 1149. Da Cittadinario Fiorentino. Quartiere di Santo Spirito, Vol. III c. 174 e Vol IV cc. 56-60. Dove si trovano i vari rami familiari.

[12] Archivio Storico di Scarperia (d’ora in avantiASS), Vicariato del Mugello. Atti di Giurisdizione criminale, n. 1351  e  ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 1149.

[13] L’abbazia di San Godenzo fu costruita per volontà del Vescovo di Fiesole Jacopo il Bavaro nel 1028 e fu affidata ai monaci Benedettini. Dal 1482 fu arricchita di grandi opere di pittura e scultura.

[14] San Godenzo, nel Medioevo, era un castello in mano alla consorteria dei conti Guidi. Da un punto di vista militare era difeso da fortezze e rocche tutte intorno. Quando Firenze cercò di conquistare il Mugello, e quindi di aggiudicarsi il controllo dei valichi appenninici, scoppiarono guerre cruente con i feudatari del luogo, fino a che nel 1340, San Godenzo si sottomise a Firenze. In seguito San Godenzo fu sede di “Uffizialato”.

[15] Oltre allo stemma dei Del Campana si trovano scolpi gli stemmi del comune di San Godenzo, di Pio XI, e della famiglia Vittori.

[16] F. Niccolai, La Chiesa abbaziale di San Gaudenzio a Sangodenzo in Alpe, Bollettino della Società Mugellana di Studi Storici, Anno VI n. 2,  1930

[17] Altieri, San Godenzo. Un popolo cit..

[18] Archivio Vescovile di Fiesole (d’ora in avanti AVF), XI, B, / - XI, B, 10, XI, B, 21. Queste preziose notizie ci sono state date dall’archivista dell’Archivio Diocesano di Fiesole. 

[19] La pieve di San Bavello, cioè San Babila, ma popolarmente detta Bavello, fu eretta probabilmente prima del V secolo. Fu più volta distrutta ma sempre ricostruita. Nel 1919 subì gravissimi danni a causa del terremoto.

[20] Nell’oratorio di Santa Lucia veniva effettuata la festa nel giorno dedicato alla Santa, dove anche i Del Campana partecipavano.

[21] AVF, Visite Pastorali, n. 34. Visita pastorale di monsignor Mancini, c. 36. La notizia ci è stata data dall’archivista  Silvano Sassolini, che ringraziamo.

[22] L’oratorio è situato anch’esso nel “popolo di San Bavello”. Fu edificato per la lontananza che la località “Gugena” aveva dalla pieve, permettendo così di avere un edificio sacro più vicino dove poter dire Messa.

[23] Associazione “Valle del Falterona”, Abbazia Dantesca di San Godenzo,  A.P.T. Firenze.

[24] Gravina, San Godenzo  cit..

[25] A San Godenzo molti atti relativi all’anagrafe e stato civile sono andati perduti durante il secondo conflitto mondiale.

[26] Teodoro morì nel 1869.

[27] Il Del campana risultava gonfaloniere nel 1841.

[28] La villa è attualmente in disuso. Conteneva una splendida biblioteca con migliaia di volumi, andata divisa tra gli eredi. 

[29]  Altieri, San Godenzo. Un popolo, cit..

[30] ACBSM, Eredità Del Campana. Testamento del 14 giugno 1911, con modifiche del 1914 e del 1915.

[31] La Pieve Romanica di San Babila si trova nei pressi del poggio sul quale si ipotizza che fosse collocato un castello dei Conti Guidi e sul cui sito è presente, come già detto, la piccola cappella dedicata a S. Lucia.

[32] Domenico Del Campana, di Luigi e di Bicchi Paolina, era nato a San Godenzo l’8 settembre 1875. Sposò Giuseppina Adorni Braccesi da cui ebbe 7 figli. A Firenze era residente in via Ricasoli. Molte sono le pubblicazioni scientifiche di Domenico.  

[33] Almanacco Toscano, Stamperia Granducale, 1841. 

[34] Era un’istituzione eretta nel 1815 dal Granduca. Qui venivano avviati ad un lavoro i “Questuanti” di Firenze e delle parrocchie suburbane.

[35] Nei Codici Vaticani sulla storia della nobiltà, risulta esistere una famiglia Magansi e non Maganzi cfr C.A. Bertini, Codici Vaticani sulla storia Nobiliare, Collegio Araldico, p. 73, Tipografia dell’unione Cooperativa Editrice, Roma 1906.

[36] G. Pansini (a cura), Piante di Popoli e Strade. Capitani di Parte Guelfa (1580- 1595), Archivio di Stato di Firenze, Olschki, Firenze 1989.

[37] Queste informazioni ci sono state date dal signor Fabrizio Zagli dell’ufficio Anagrafe di Borgo San Lorenzo, che ringraziamo per la cortesia. I dati anagrafici iniziano dal 1866, quindi successivamente la nascita della Maganzi.

[38] ACBSM, Eredità Del Campana. Testamento del 14 giugno 1911, con modifiche del 1914 e del 1915.

[39] Antonio Guazzesi era uno dei figli maschi di Leopoldo e Giuseppa Roffia. Gli altri due figli maschi erano Francesco e Filippo.

[40] Secondo il Caramelli Papiani la famiglia Guazzesi era di origine aretina. Il capitano Girolamo Guazzesi aveva ottenuto la cittadinanza fiorentina nel 1651.

[41] ASFi, Miscellanea medicea.

[42] Bernardino alla morte della moglie chiese e ottenne il sacerdozio, Quando morì era parroco.

[43] ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n 2539.

[44] ASFi, Cittadinario, Volume III carta 143. E ASFi, Fondo Bracci Guazzesi, n. 120.

[45] ASFi, Fondo Bracci Guazzesi, n. 120.

[46] ASFi, Cittadinario, Volume III carta 143.

[47] ASFi, Libro d’Oro  della Nobiltà Toscana- Arezzo Patrizi. Supplemento, tomo XXXVIII n. 13 e  tomo I n. 37. Qui si trovano gli alberi genealogici di tre rami familiari dei Guazzesi.

[48] I Roffia discendevano dagli  Antelminelli di Lucca. Furono una potente famiglia sanminiatese. Di credo ghibellino ottennero privilegi e potere dopo la conquista fiorentina di San Miniato. Nel 1639 furono iscritti alla nobiltà fiorentina e nel 1644 furono inclusi nelle borse dei priori.

[49] Nel fondo Ceramelli Papiani conservato all’archivio di Stato di Firenze vi sono 4 famiglie con il cognome Bracci. I Bracci di Montepulciano, di Pistoia, di Firenze poi trasferitosi a Pisa e che assunse il doppio cognome Bracci Cambini e infine i Bracci di Firenze, che ebbero due rami familiari: quello residente nel quartiere di Santo Spirito e quello residente nel quartiere di Santa Croce. Il primo ramo è iniziato con Simone di Rinaldo ed il secondo dal fratello di questi Santi di Rinaldo a metà del XVII secolo. Dal secondo ramo discesero poi i Bracci di Livorno che furono nobilitati nel 1853. Si veda ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, nn. 949, 950, 5236,7279.   

[50] Francesco morì il 6 febbraio 1801.

[51] Basilia morì il 20 maggio 1803

[52] ASFi, Fondo Bracci Guazzesi, filze varie.

[53] G. Conti, Firenze dopo i Medici, Bemporad editore, Firenze 1921, p.699.

[54] ACVSM, n. 213.

[55] Maria Luisa, nacque a San Miniato il 19 maggio 1800 e  morì il 3 gennaio 1804.

[56] Secondo il Ceramelli Papiani Giuseppe morì il 23 ottobre 1829. Nel chiostro della chiesa della Santissima Annunziata a Firenze si trova la lapide funeraria di Giuseppe Leopoldo Francesco. Si veda  ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 2539.

[57] AAMSM, Fondo Roffia.

[58] ACSM, n. 3171

[59] ACSM n. 3930 e  ASFi, Fondo Bracci  Guazzesi, n. 122

[60] ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 2539.  Antonio Maria Francesco fu battezzato il 15 agosto 1798.

[61] Almanacco Toscano per l’anno 1854, Stamperia Granducale.

[62] Rassegna storica del Risorgimento, vol. 26, Ed. 1, S. Lapi, 1939, p. 154;  Ricasoli e il suo tempo: atti del Convegno internazionale di studi ricasoliani, Firenze 26-28 settembre 1980, a cura di G. Spadolini, L.S. Olschki, 1981; Fonti per la storia d’Italia pubblicate dall’Istituto Storico Italiano, 1935.

 

[63] Sulle proprietà della famiglia Roffia a San Miniato e a Firenze si vedano le varie filze in  ACSM, Fondo Roffia e AAMSM, Fondo Roffia.

[64] San Michele a Rovezzano si trova alla periferia est di Firenze. Dagli atti presenti nell’Archivio del Comune di Fiesole risulta che i Guazzesi avevano questa villa sicuramente dal XVIII secolo.

[65] Raccolta di notizie storiche riguardanti le chiese dell’Arci Diocesi di Firenze tratte da diversi autori per Cura, di L. Santoni, cancelliere della Curia Arcivescovile Fiorentina, Tip. Mazzoni, Firenze 1847.

[66] ACSM, Fondo Roffia e AAMSM, Fondo Roffia. Si veda anche ACSM, n. 3930.

[67] ACSM, 3933.

[68] Il convitto – collegio “della Querce” fu aperto dopo che i Barnabiti acquistarono Villa Càglieri sulle colline fiorentine. Il convitto fu aperto tra il 1867 ed il 1868. Era uno dei collegi più importanti e esclusivi delle famiglie importanti di Firenze e oltre

[69] Questa è parte della frase scritta trovata sulla tomba di Antonietta Del Campana Guazzesi posta al cimitero di Soffiano.

[70] Lo stemma familiare dei Del Campana Guazzesi è composto dalle “Arme” dei Del Campana con l’unione dello stemma dei Guazzesi.

[71] Lo stemma dei Guazzesi, descritto dal Ceramelli Papiani e: D’azzurro, al fiume in banda di verde, accompagnato da due crescenti montanti d’oro”. Si veda  ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 2539.

[72] Lo stemma descritto nel Ceramelli Papiani è : “D’azzurro, alle campane d’oro, battagliate di nero, e alla banda attraversate di rosso caricate di tre stelle d’oro” e in un secondo fascicolo, probabilmente di un ulteriore ramo familiare come “D’azzurro alla campana d’argento caricati di una Banda di oro sovraccaricata di tre stelle d’argento (stesso fasc. 1149)” . Si veda ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n.1149 e n. 1150.

[73] Si tratta di uno stemma partito d’alleanza o matrimoniale, secondo il metodo “en baron et femme”, che consiste nel caricare lo stemma “d’alleanza”, alla “destra” con l’Arma intera maschile e alla “sinistra” coll’arma intera femminile. Tutte le notizie riguardo allo stemma ci sono state date da Michele Fiaschi, che ringraziamo.

[74] B. Casini, Libro d’oro della nobiltà Fiorentina e Fiesolana, ed. Arnaud, Firenze 1993.  Qui infatti lo stemma ha una banda d’argento. Lo stemma familiare ha:  “Partito primo d’azzurro alla campana d’oro attraversata da una banda d’argento caricata da tre stelle d’oro; nel secondo d’azzurro a due crescenti d’oro con banda ondata d’argento bordata d’oro”. Lo stemma dei Guazzesi si trova anche in ASFi, Libro d’Oro della Nobiltà Toscana, supplementi tomo 1I n. 29 per decreto del 14 febbraio 1782 in filza giustificazioni XXXVIII n. 13

[75]Anche il Caramelli Pampiani, riportando quello della famiglia Guazzesi ne da una descrizione ASFi, Fondo Ceramelli Papiani, n. 2539. Lo stemma è descritto “ D'azzurro, al fiume in banda di verde, accompagnato da due crescenti montanti d'oro”. B. Casini, Libro d’oro della nobiltà Fiorentina e Fiesolana, Arnaud, Firenze 1993.

[76] Alla sua morte, l’amministratore dei suoi beni riportava il costo nei mesi del 1915 mese in cui poi mori “Fotografia lire 51”, poi ancora “Fotografia lire 44.50”. ecc.. Si veda ABSM, Eredità Del Campana..

[77] La Società Fotografica Italiana di Firenze, stampava un proprio bollettino a partire dall’ottobre del 1899 fino a dicembre  1914. Cfr, E. Puorto, Fotografia fra arte e storia. Il «Bullettino della Società fotografica Italiana” (1889- 1914), A. Guida Editori, Napoli 1996. La sede della società e poi della redazione del Bollettino era prima in via Santa Reparata e poi la sede fu spostata in via del Giglio. Il Bullettino oltre a contenere le adunanze dei soci, le delibere, le commissioni, ecc, conteneva relazioni e studi sulla fotografia e sulle tecniche fotografiche. L’importanza del Bollettino fu riconosciuta in gran parte dell’Europa, soprattutto in Germania.  

[78] Bullettino della S.F.I., giugno 1895 p. 123

[79] Ivi. p. 232 e a p. 236

[80] Bullettino della S.F.I.,maggio-luglio1899 p. 170, p. 172. p. 194, p. 199

[81] Bullettino della S.F.I.,dicembre 1900, p. 447

[82] Piero Formichini era figlio di Filippo, che era stato procuratore regio del tribunale di San Miniato dopo che si era trasferito in questa città da Castelfranco di Sotto. Fu Filippo che acquistò villa Mannelli a Collebrunacchi e il palazzo Buonaparte poi Formichini a San Miniato. Pietro fu consigliere e presidente del Comizio Agrario, socio, consigliere e direttore supplente della Cassa di Risparmio. Cfr, R. Boldrini (a cura), Dizionario Bibliografico dei Sanminiatesi (secolo X-XX), Pacini, Pisa 2001.

[83] A San Godenzo, una mostra con foto di Filippo Del Campana fu fatta nel 1985 e riproposta nel 2013.

[84] Le presenti notizie si sono apprese dalla ricerca effettuata da Piero Rossi Marchese e sono riportate nella scheda commentata della mostra permanente presso il comune di San Godenzo,  San Godenzo un secolo fa i suoi luoghi, la sua gente nelle foto di Filippo Del Campana commentate da Piero Rossi Marchese. Si ringrazia il signor Lori Marretti del Comune di San Godenzo per averci inviato la scheda informativa.

[85] La famiglia Formichini era originaria di Milano e dedita al commercio . Si stabilì in Toscana alla fine del XVII secolo. Si trasferì a San Miniato nella prima metà de XIX secolo. Cfr, Boldrini, Bizionario Bibliografico cit..

[86] Il nome della famiglia deriva dall’antenato Gabriello Monaini detto “il Capoquadri” che alla fine del XV si trasferì dalla lucchesia presso Ponte a Elsa. Qui ebbero molti possedimenti. I Capoquadri ricoprirono importante cariche politiche, militari e amministrative. Si imparentarono con importanti famiglie sanminiatesi e furono dichiarati nobili nel 1837. Il più famoso dei Capoquadri è stato Cesare, ministro della giustizia. In questo caso l’amico di Filippo Del Campana fu Ferdinando Capoquadri, farmacista, consigliere comunale, presidente del Ricovero di Mendicità, della Arciconfraterinita di Misericordia e dell’Accademia degli Euteleti. Cfr, Boldrini, Dizionario Bibliografico cit..

[87] A quella data il patronato passò alla famiglia Niccodemi.

[88] AAMSM, Carteggio,  XX bis.

[89] ACSM, F200 S010 UF10, Delibera C.C. n. 29 del 18 ottobre 1899.

[90] ACSM, F200 S010 UF11, Delibera C.C. n. 72 del  21 maggio 1902  e n. 95 del 10 settembre 1902. Si veda inoltre ACSM, F200 S020 UF014, Delibera G.C. n.292 del 20 maggio 1902 e n. 314 del 2 giugno 1902. Si veda inoltre ACSM, F200 040 UF39 e F200 S020 UF38.

[91] ACSM, F200 S010 UF10. Delibera n. 29 del 18 ottobre 1899.

[92] G. Marcenaro (a cura), Il Silenzio del negativo. Filippo Del Campana Guazzesi fotografo in San Miniato, Sagep, Genova 1981.

[93] Nel documento di istituzione c’è scritto che oltre che di San Miniato, se non si fosse trovato un soggetto meritevole: “eventualmente di due giovani bisognosi delle parrocchie di Rovezzano e di Settignano” ambedue nel Comune di Fiesole.

[94] ACSM, F200 S010 UF10 . Delibera C.C. n. 93 del 4 aprile 1900 e cfr, V. Vannucci. Istituzioni fiorentine: raccolta di monografie dei principali istituti di beneficenza, Lunacbi, Firenze1902

[95] ACBSM, Eredità Del Campana. Testamento del 14 giugno 1911, con modifiche del 1914 e del 1915. A dire il vero il Del Campana dispose anche molti altri lasciti a scuole e istituti educativi, come all’Istituto degli Artigianelli Umberto Primo di Firenze, all’Educatorio della SS. Concezione di Foligno con sede a Firenze, all’Istituto Femminile di S. Silvestro di Firenze,  al Pio Istituto  di San Francesco e di Santa Maddalena detto della Crocifissione, agli Asili Infantili di Firenze, al Conservatorio di S. Pietro Martire, al Ricreatorio di Rovezzano.

[96] ACSM, F200 S020 UF013. Delibera G.C. n. 221 dell’11 luglio 1900. Si veda inoltre ACSM, F200 S050 UF 36.

[97] ACSM, F200 S010 UF010. delibera C.C. n. 110 del 5 maggio 1900.

[98] ACSM, n. 606. Elenco degli aderenti al comitato contenuto nella delibera della Congregazione di Carità del  26 luglio 1911. Oltre al Del Campana troviamo anche Piero Formichini.

[99] ACSM, n. 606. Delibera dell’11 luglio 1911.

[100] ACSM, F200 S040 UF49. Si veda lettera del  15 maggio 1912 con elenco sottoscrittori.

[101] Ivi. Egli contribuì all’acquisto dei letti.

[102] La “congregazione dei Buonomini di San Martino per il soccorso dei poveri vergognosi” fu istituita nel 1441 dal frate domenicano di San Marco,  Antonio Pierozzi, che fu anche il primo arcivescovo di Firenze. La congregazione fu istituita allo scopo di andar in aiuto di coloro che, caduti in miseria a seguito delle lotte tra fazioni cittadine e provando vergogna nel chiedere l’elemosina, per lo stato di bisogno in cui si trovavano, avrebbero potuto perdere i loro buoni principi morali. Dal 1478 la sede della congregazione è  in piazza San Martino a Firenze. Cfr,  P. Bargellini, I Buonomini di San Martino, Marzocco, Firenze 1972.  

[103] ACBSM, Eredità Del Campana. Atti vari

[104] Filippo era figlio di Pietro e Bianca Amici Grossi. Nacque nel 1897 e morì nel 1981. Era guardiamarina poi tenente di vascello e membro dell’accademia Navale di Livorno. Fu commissario prefettizio e Podestà di San Miniato. Nel 1958 fu promosso capitano di vascello e successivamente contrammiraglio. Nel 1953 vendette l’ex palazzo Buonaparte alla Cassa di Risparmio di cui fu consigliere e socio. Poco dopo si disfece anche della villa a Collebrunacchi.

[105] Rosanna Formichini nacque nel 1906 ed era la figlia di Pietro e Bianca Amici Grossi. Ebbe riconoscimenti per la sua attività nella Croce rossa Italiana.

[106] ACBSM, Eredità Del Campana. Testamento del 14 giugno 1911, con modifiche del 1914 e del 1915. Il Del Campana lasciò anche dei lasciti a  Gaetano Nieri fattore di San Miniato e a sua moglie la fattoressa Assunta Cirri, il lascito fu in parte modificato  l’11 gennaio 1915. Con questo testamento destinava anche tutte le “carte antiche” all’Archivio di Stato di Firenze. Ad eccezione di tutto quello che riguardava San Miniato che era lasciato al Comune.

[107] In verità il Del Campana lasciò anche una delle sue macchine fotografiche a  Eusebio Vinali, cioè una macchina 9 x1 2 con l’obiettivo Darlet, la macchina francais, il glicoscopio e parte delle bacinelle e telaini. Lasciò a Vinali anche i suoi fucili.

[108] Forse si tratta del busto che si trova nella cappella mortuaria di famiglia a Soffiano.

[109] Bianca Formichini era Bianca Amici Grossi, moglie di Piero.

[110] ACBSM, Eredità Del Campana. Testamento del 14 giugno 1911 con modifiche del 1914 e del 1915.

[111] Il Del Campana era Presidente Onorario dell’Arciconfraternita sanminiatese dal 1909. Si veda AAMSM, Legati e Lasciti, n. 34 e protocolli delle deliberazioni n. 16  dell’8 febbraio 1909. Nel fascicolo dell’Arciconfraternita si trova tutta la corrispondenza tra il Magistrato e i vari enti e per l’accesso al legato, in particolar modo con l’avv. Piero Formichini che ne era il curatore. La Misericordia ricevette il lascito il 13 luglio del 1917, dopo che la Prefettura, con decreto del  29 maggio 1917 l’aveva autorizzata. Con il lascito in denaro furono acquistate  “Cartelle del prestito Nazionale”, cioè una rendita nominativa, secondo le volontà di Del Campana.

[112] ACBSM, Eredità Del Campana. Testamento del 14 giugno 1911 con modifiche del 1914 e del 1915. Il Del Campana aveva lasciato nel 1915 alle suore della scuola di San Paolo 10.000 lire, ma poco dopo revocò il legato.

[113] ACBSM, Eredità Del Campana. Testamento del 14 giugno 1911 con modifiche del 1914 e del 1915.

[114] ACSM, F200 S020 UF22. Delibera n. 678 del 7 settembre 1915. 

[115] Per notizie sull’ospedale dei Poveri Infermi di San Miniato si veda  M. Parentini, San Miniato fra illuminismo, rivoluzione e conservazione, FM Edizioni, San Miniato 2001.

[116] Nell’archivio dei Buonomini troviamo la corrispondenza con gli esecutori testamentari. Molte le lettere di sollecito ed  i richiami. Gli esecutori  ricordano spesso alla congregazione che non erano stati liquidati gran parte dei legati, e per quelli che erano stati pagati erano dovuti intervenire loro con varie sollecitazioni. Si veda ACBSM, Eredità Del Campana, Affari Diversi. Legati a carico degli eredi dell’eredità Del Campana Guazzesi (1916-1930) .

[117] ACBSM, Eredità Del Campana, Affari Diversi. Legati a carico degli eredi dell’eredità Del Campana Guazzesi (1916-1942). Fu la stessa congregazione del Buonomini che fece la compilazione definitiva.

[118] Il consiglio sarebbe stato composto da 7  membri: due della Congregazione dei Buonomini di San Martino, erede di Filippo Del Campana Guazzesi, due della congregazione di carità , uno nominato dal sottoprefetto  due dalla giunta comunale di San Miniato. Si veda Archivio Fondazione Del Campana Guazzesi, Carte sciolte. Statuto organico.

[119] In verità il capitale  donato da Filippo Del Campana tardò ancora ad arrivare e ci vollero ancora diversi anni prima che i Buonomini  adempissero al loro dovere.

[120] Nel 1894 l'Arciconfraternita della Misericordia di Firenze decise la costruzione di un nuovo cimitero, dopo quello dei Pinti. Il Comune di Firenze decise che la zona prescelta per il nuovo cimitero fosse quella di Soffiano, perché nascosto all'abitato di Firenze dal Colle di Bellosguardo e distante circa due chilometri dalla porta San Frediano. I lavori iniziarono nel 1896 su disegno e progetto dell'architetto Michelangelo Maiorfi e fu realizzato nello stesso anno. Successivamente il cimitero fu ampliato grazie al contributo degli ingegneri Luigi Buonamici, Mario Raddi e Primo Saccardi e degli architetti Giovanni Paciarelli e Giuseppe Castellucci. L'ingresso, con la facciata in pietra serena e travertino, riporta  gli stemmi della Misericordia e di Firenze dipinti assieme a quelli delle antiche Arti di Firenze, mentre ai lati dell'ingresso vi sono scolpiti gli stemmi dei quartieri cittadini, della Misericordia e la Croce del Popolo.

[121] Il lascito era di 5.000 lire con l’obbligo del mantenimento della cappella gentilizia. I Buonomini avrebbero avuto l’obbligo di controllare che l’Arciconfraternita adempisse all’obbligo avuto. Gli stessi Buonomini avrebbero dovuto pensare agli eventuali restauri più importanti della cappella.

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